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  • 25 Settembre 2011 alle 11:49 #2050

    Ciao

    Così, giusto per curiosità (non so quanti saranno interessati, ma le piante sono anche questo 😀 ) le immagini dell’evoluzione di una gemma apicale di Vanilla planifolia, per la riproduzione della stessa attraverso microtaleaggio, in vitro.

    Nella prima foto, cerchiati in rosso, il germoglio emergente, a lato una radice dopo solo quattro giorni di coltura in vitro a 28 C° +/-2 C°, su substrato Murashige & Skoog con l’aggiunta di saccarosio e degli ormoni IBA e 6BAP.
    Le quantità, come ogni ricetta, sono un segreto, ovviamente 😀

    È sicuramente il sistema più lento per riprodurre questo genere di piante in vitro, visto il tempo necessario perché ogni singolo espianto allunghi e possa essere ridotto in microtalee nodali (in base alla temperatura, luce e attività degli ormoni, circa 30 gg.): è più o meno la tecnica con la quale si propaga, sempre in vitro, tra le varie tecniche, la comune patata (Solanum tuberosum) che, comunque, ha un indice di accrescimento assai superiore.
    Come dicevo, nonostante sia un processo poco conveniente, almeno commercialmente, ero curioso di sperimentarlo: funziona!

    Nella seconda foto, lo stesso espianto della foto precedente, tre settimane dopo: non ne sono ancora sicuro, mi sembra già di vedere un fiore: ovviamente non sarà neanche lontanamente paragonabile a quelli sviluppatisi ex vitro (fuori provetta, insomma), ma sono curioso di vedere come andrà a finire.

    In tutti i tentativi, a volte maldestri, che ho fatto per riprodurre questa specie, devo dire che ha sempre dimostrato una straordinaria rispondenza alle tecniche di riproduzione in vitro: dopo pochi giorni, l’espianto manifestava già i primi segni di attività.

    Buona giornata

    Tasha
    Monza

    Scritto Da – nelumbo il 26 Settembre 2011alle ore 20:39:18

    dddemarsPosts: 28
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      20 Novembre 2011 alle 22:50 - Views: 986 #19746

      Ciao tutti et ciao Nelumbo,
      Come è andata la tua vaniglia ? qualche foto ?
      Secondo quello che si puo leggere, micropropagazione è oggi comune e commercialmente praticata per avere piante “virus-free”, partendo di piante verificate.
      Per quanto rigarda al “fiore”, non credo sia possibile perche la vaniglia necessita essere grande di qualche metri prima di poter fiorire : questo non credo che sia differente in vitro, no ?
      Comunque devi avere tutto un laboratorio per fare tutto questo, bravo !
      andre

      http://sites.google.com/site/vanilleetpoivre/

      NelumboPosts: 255
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        21 Novembre 2011 alle 12:09 - Views: 877 #19747

        Buongiorno Andre

        le piante in vitro, in condizioni particolari e, soprattutto, in presenza di talune sostanze con effetto stimolante (ormoni et al.), fioriscono anche molto piccole, quando sono ancora allo stadio infantile: è un fenomeno noto sin dagli anni 50 grazie ad esperimenti effettuati sul genere Cymbidium in Cina, poi esteso anche ad altre orchidee di generi diversi (Phalaenopsis etc.). I fiori, ovviamente, sono inguardabili, lontani anni luce dai fiori prodotti ex-vitro.

        La pianta delle foto, prima che fiorisse (non ho resistito!), l’ho usata per ottenerne delle microtalee, che oggi stanno producendo germogli multipli: appena posso posterò la foto e, se dovessi dimenticarmene (come mio solito)… ricordamelo! 😀

        Sì, in effetti è necessario un laboratorio (e ben attrezzato, direi e, purtroppo, molto costoso, aggiungerei) per realizzare la riproduzione in vitro, tranne rari casi.

        Le tecniche di clonazione e di riproduzione in vitro in effetti sono utilizzate estesamente, ma non vuol certo dire che siano scontate: presuppongono conoscenze piuttosto approfondite dei protocolli che, prima ancora, presuppongono conoscenze di fisiologia vegetale, chimica e biologia. Per tali motivi i laboratori sono assai pochi ma capaci di produzioni quantitativamente e qualitativamente elevate. Inoltre, i problemi che “affliggono” la riproduzione in vitro sono molti e di difficile soluzione: vitrificazione, infezioni endogene/esogene, mutazioni somaclonali…

        In effetti, uno degli aspetti più interessanti della micropropagazione è la produzioni di piante che possono essere certificate come virus-free (ovvero garantire prive di infezioni di natura virale) ma anche da micoplasmi, batteriosi (infezioni endogene varie, insomma).

        Tutti i portainnesti delle drupacee e di molte altre piante da frutto, in Italia, sono prodotti in vitro, altrimenti gli istituti preposti alla certificazione di sanità dei portainnesti non rilasciano la certificazione all’azienda produttrice e, quindi, nessun agricoltore comprerà mai delle piante non certificate che rischiano di risultare infette, condannando alla distruzione un intero frutteto (a volte di centinaia di migliaia di piante, se non di più…).

        Buona giornata!

        Tasha
        Monza

        kandevillaPosts: 1046
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          21 Novembre 2011 alle 12:26 - Views: 630 #19748

          salve a tutti, restando nella tematica aromi spezie queste sono le infiorescenze dell’albero
          che dà origine al chiodo di garofano, Eugenia caryophyllata.

          Mau

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          LiborioAsahi
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            21 Novembre 2011 alle 19:39 - Views: 853 #19749

            Anch io all’inizio del mio corso di studi avevo fatto esperienze del genere nell’orto botanico della mia città 🙂 🙂
            La trovai una cosa interessantissima peccato che sia difficilmente riproducibile al di fuori di un costoso e monitorato labs 😡

            Modena e appennino modenese.

            NelumboPosts: 255
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              24 Novembre 2011 alle 22:42 - Views: 877 #19750

              Salute a tutti

              ecco qui: alla fine ci sono riuscito…

              sì, lo so, serve un po’ di fantasia per capire di che si tratta, ma comunque… tutti i bitorzoli che si vedono sono germogli che, raggiunta una dimensione decente potranno essere utilizzati per ulteriori propagazioni. La forza di questa tecnica sta proprio nel fatto che, da un singolo espianto, è possibile ottenere una quantità considerevole di piante. Mi spiego meglio per dare la dimensione della tecnologia: da un singolo espianto si ottengono, come in questo caso, una media di 6 nuove piante in circa un mese. Se si impiegheranno tutti gli espianti per la riproduzione, ognuno di loro darà origine a 6 piante (6×6=36) il mese successivo e se queste 36 piante verranno utilizzate sempre per la propagazione si otterranno, in circa tre mesi, 1.296 piante che, se si riutilizzeranno integralmente per la riproduzione, genereranno 1.679.616 piante in quattro mesi e via andando…

              Ovviamente è pura teoria, visto che ci sono eventi o altro che limitano anche la riproduzione in vitro: infezioni, inopportunità di portare avanti un certo numero di generazioni in vitro che andrebbero incontro a mutazioni, rallentamenti dovuti a errori nella composizione dei substrati di crescita, condizioni chimico/fisiche inidonee allo sviluppo dei germogli, dei calli, all’embriogenesi diretta e indiretta e per ultimo, ma non meno importante, perchè… che te ne fai di tutte quelle piante? 😀

              Di seguito le immagini relative all’ottenimento (quasi terminato) di un espianto apicale di Cymbidium

              la parte più sporgente, quella che guarda verso l’osservatore, sta per essere liberata dalle ultime tracce di foglie, per liberare il meristema apicale: verrà quindi troncato da tutto il blocco retrostante e usato per inoculare i tubi di coltura: sembra facile da ottenere, ma non lo è per niente: sono parecchi quelli che si danneggiano durante l’operazione! Oooops! 😉

              Ciao!

              Tasha
              Monza