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  • 25 Maggio 2008 alle 19:52 #3595

    IL GENERE PHOENIX di Sergio Quercellini

    Il genere Phoenix (Sottofamiglia Coryphoideae, Tribù Phoeniceae) è uno dei generi del vecchio mondo più conosciuti.

    Esso comprende tredici specie di palme (Sasha Barrow, A Revision of Phoenix, 1998) a foglie pennate, dioiche ed è caratterizzato da una larghissima fascia di distribuzione che va dalle Isole Canarie all’Africa tropicale e subtropicale, alla zona mediterranea, al Medio Oriente, alla penisola araba, all’India, al sud-est asiatico fino a Hong Kong, a Taiwan e ad alcune isole delle Filippine.

    Queste palme crescono in habitat che possono essere molto diversi tra loro quali i deserti, il sottobosco delle foreste di pini fino a 2.000 m. di altitudine, i margini delle macchie di mangrovie lungo le zone costiere, le zone semiaride.

    Alcune sono resistenti a significative percentuali di salinità nell’aria, altre alla secchezza ed al calore della stessa, comunque tutte richiedono buone quantità di umidità alle radici.

    Non per niente la presenza di Phoenix dactylifera nei deserti è indicativa della presenza di acqua (oasi).

    Nove delle tredici specie sono pollonanti cioè producono polloni alla base del tronco e quattro (P.canariensis, P.rupicola, P.sylvestris, P.andamanensis) sono a tronco singolo. Questi polloni possono svilupparsi e formare nuovi tronchi o meno.

    Il tronco può essere massiccio, di media taglia, sottile ed anche sotterraneo.

    Le foglie di tutte le specie presentano una caratteristica più o meno marcata : nella parte bassa del rachide, vicino all’attaccatura del tronco i segmenti fogliari si sono trasformati in lunghe ed affilate spine (acantofilli), ben conosciute da tutti coloro che si sono cimentati almeno una volta in operazioni di potatura.

    Le foglie hanno anche un’altra caratteristica peculiare: diversamente da quasi tutte le altre specie di palme a foglie pennate, i segmenti fogliari evidenziano una sezione a “V” (induplicati). Tanto per intenderci i segmenti fogliari delle specie del genere Butia e della Jubaea spectabilis hanno una sezione a “V” rovesciato (reduplicati).

    Come già accennato, tutte le specie di questo genere sono dioiche cioè fiori maschili (staminiferi) e fiori femminili (pistilliferi) si trovano su piante diverse.

    L’infiorescenza è emessa tra le foglie e quella maschile è in genere più corta di quella femminile cosicché si può riconoscere immediatamente se una palma in fioritura è un maschio od una femmina.

    I frutti sulla pianta femmina si presentano in grossi grappoli pendenti ed evidenziano svariati colori a maturità, dal giallo arancio (P. canariensis e P. sylvestris) all’arancio rosso brillante (P. reclinata), al verde bruno (P. roebelenii) od anche varie tonalità di rosso, bruno o nero.

    Nel caso della P. dactylifera il lungo periodo di coltivazione e le selezioni operate dall’uomo hanno determinato notevoli variabilità nella colorazione, nel sapore e nelle dimensioni del frutto.

    Tutte le specie si ibridano facilmente tra di loro. I semi raccolti da palme coltivate vicino ad altre di specie diverse sono con molta probabilità ibridi.

    Ogni frutto (dattero) contiene un solo seme che è caratterizzato dalla presenza di un lungo solco longitudinale. La lunghezza del seme varia da 7 mm.(P. roebelenii) ad oltre 30 mm (in alcune varietà di P. dactylifera). La sezione trasversale del seme è circolare con l’eccezione della P. paludosa nella quale il seme si presenta abbastanza schiacciato. Una sola specie, P. andamanensis, ha i semi con l’endosperma ruminato (infiltrazioni nell’endosperma del rivestimento del seme), tutte le altre specie hanno semi con l’endosperma omogeneo.

    La germinazione è tubolare remota e la prima foglia è semplice lanceolata.

    La definizione generica (Phoenix) ricorda la Fenice, mitico uccello dalle ali rosse e dorate che, secondo la leggenda, ogni 500 anni si bruciava da sé per poi rinascere dalle proprie ceneri, ma può anche ricordare i Fenici che grandemente contribuirono alla diffusione della palma da datteri.

    Phoenix acaulis

    Specie a tronco sotterraneo o, come si usa dire, senza tronco (acaule). D

    istribuita nella fascia sub-Himalaiana che comprende il nord dell’India e Nepal.

    Cresce nel sottobosco delle foreste di pini da 400 m. fino ad oltre 1500 m. di altitudine. Il colore delle foglie è verde grigio pallido. L’infiorescenza è emessa a livello del terreno. I segmenti fogliari sono poco rigidi e nelle piante vecchie addirittura penduli. La resistenza al freddo è molto elevata.

    La specie è molto poco coltivata anche se i semi sono spesso disponibili presso rivenditori specializzati su Internet. Costituisce soprattutto una curiosità per collezionisti.

    Phoenix andamanensis

    Descritta da Sasha Barrow nel 1998.

    Del tutto simile alla P. rupicola dalla quale si diversifica per avere i semi con l’endosperma ruminato.

    Specie molto rara presente nelle Isole Andamane, golfo del Bengala. Cresce sui pendii montuosi tra 450 m. e 700 m.

    Praticamente assente in coltivazione per cui non si hanno dati in proposito. Probabilmente presenta una resistenza al freddo simile a quella della P. rupicola e, se è così, non è elevata.

    Phoenix coespitosa

    Descritta da Chiovenda (Flora somala) nel 1929.

    Specie pollonante a tronco sotterraneo che cresce in aree deserte della Somalia fino a 900 m. di altitudine.Presente anche in alcune zone desertiche dell’Arabia e dello Yemen.

    Le foglie hanno i segmenti rigidi e sono di un colore grigio azzurro.

    Esteticamente somiglia ad una P. dactylifera senza tronco e pollonante.Anch’essa risulta praticamente assente in coltivazione.

    Phoenix canariensis

    Ampiamente coltivata e conosciuta , è sempre una delle palme più eleganti e decorative.

    Distribuita naturalmente in tutte e sette le isole dell’arcipelago delle Canarie con prevalenza in quantità a La Gomera, dal livello del mare fino a 600 m. di altitudine.

    Nelle aree a clima temperato mediterraneo è una delle palme più piantate evidenziando una notevole resistenza al freddo, sopportando senza danni temperature di -7°C e sopravvivendo, con danni parziali (bruciatura di tutte le foglie che però poi vengono riemesse) , anche a punte di -12°C.

    In Italia è piantata comunemente nel sud e nel centro mentre al nord si trova in microclimi favorevoli, intorno ai laghi e nella Riviera ligure.

    La P. canariensis si ibrida molto facilmente con le altre specie del genere, soprattutto con la P. dactylifera e la P. reclinata. Nei parchi pubblici di Roma si possono osservare numerosi esemplari ibridi naturali con la P. dactylifera che evidenziano le caratteristiche delle due specie.

    Della P. canariensis si conosce una varietà a frutti rossi ( var. porphyrocarpa).

    Sappiamo che all’interno di una specie la variabilità può essere anche notevole. In particolare il colore dei frutti può naturalmente variare dal giallo chiaro al giallo ocra intenso.

    La variabilità naturale non è però in grado di spiegare la presenza del colore rosso nella specie in questione. Sono state fatte due ipotesi:
    1)Si tratta di una mutazione genetica, non infrequente nelle piante coltivate, che ha determinato il nuovo colore rosso dei frutti.
    2) Si è verificata, in passato, una ibridazione con la P. reclinata la quale ha trasmesso il colore rosso dei propri frutti alla P. canariensis. Sarebbero pertanto presenti oggi P. canariensis con una parte del patrimonio genetico della P. reclinata che determinerebbe il colore rosso dei frutti.
    Non saprei però sinceramente dire dove stia la verità.

    Ho trovato recentemente offerta su Internet anche una varietà di P. canariensis “a foglie contorte”.

    Soprattutto le palme di questa specie, certamente perché più numerose di quelle delle altre specie del genere, sono attaccate a livello mondiale da due malanni che si stanno dimostrando con il passare del tempo sempre più gravi:

    1) Il “Lethal Yellow”, malattia batterica diffusa tramite un insetto (Myndus crudus) e presente nella zona caraibica da oltre un secolo.

    Il problema è che da circa il 1980 si è diffusa in Messico e negli Stati Uniti attaccando inizialmente le palme da cocco e poi una serie di altre.

    Ben 34 specie diverse sono state attaccate da questa malattia e la canariensis, assieme alla dactylifera, alla reclinata, alla silvestris , alla rupicola, è tra queste.

    La palma colpita ingiallisce tutte le foglie e in poco più di sei mesi muore.Si è cercato di arginare la malattia con iniezioni di antibiotici nel tronco ma con risultati abbastanza scarsi. Presente ancora solo in America.

    2) Il “Ryncophorus ferrugineus”.
    E’ un insetto (curculionide delle palme) lungo alcuni cm.,dotato di robusto rostro, che entra all’interno delle palme dalle parti più tenere, nel punto in cui fuoriescono le foglie giovani o dal taglio dovuto alla potatura delle foglie verdi.

    La femmina depone le uova nelle cavità prodotte con il rostro.

    Le larve entrano nella palma scavando devastanti gallerie e mangiandone le parti interne. Esse raggiungono la maturità in poco più di tre mesi passati a mangiare in continuazione. Una femmina può deporre centinaia di uova.

    La palma muore rapidamente. Sembra che l’insetto sia stato introdotto in Italia con l’importazione delle P. dactylifera ad alto fusto dall’Egitto.

    A Sabaudia, provincia di Latina, buona parte delle canariensis sono morte a causa di quest’insetto. Si stanno sperimentando trappole a feromoni che attirino e catturino i maschi, non in grado così di fecondare le femmine le quali non potrebbero più riprodursi.
    L’impollinazione della P. canariensis avviene sia tramite gli insetti (entomofila) che tramite il vento (anemofila) e sembra che i granuli del polline riescano a fecondare l’infiorescenza femminile fino a 5 km di distanza.

    Phoenix dactylifera

    Sembrerebbe indigena delle regioni aride del nord Africa e del Medio Oriente tuttavia la distribuzione naturale di questa specie non è conosciuta.

    La coltivazione della dactylifera che si effettua da oltre 5.000 anni, ha portato la presenza di questa specie ben al di là degli originari confini naturali tanto che questi stessi oggi rimangono un mistero ed è dubbio che essa esista ancora allo stato selvatico.

    L’area di coltivazione include il nord Africa, il Medio Oriente, l’India ed il Pakistan.

    Recentemente alcune coltivazioni a livello commerciale della palma da datteri sono state impiantate in California. Beccari (1890) ha tentato di definire l’area di origine sulla base di considerazioni ecologiche: la palma da datteri vive in regioni calde e secche, con pioggia molto scarsa ma con umidità alle radici. Inoltre è piuttosto resistente alla salinità. I paesi che soddisfano completamente queste richieste, egli afferma, sono quelli che si affacciano sul golfo arabico.

    E’ una specie generalmente pollonante, caratteristica che però diminuisce con l’età fino a cessare del tutto.

    Il tronco è decisamente più sottile di quello della canariensis, il colore delle foglie è più glauco, quasi azzurrognolo, ed i segmenti fogliari sono più rigidi.

    I datteri sono stati utilizzati per millenni dalle popolazioni come importante componente di sostentamento. Esistono centinaia di varietà, addirittura Popenoe (1973) ne ha elencate 1500.

    Per fruttificare bene questa palma ha bisogno di molto calore altrimenti i datteri non arrivano a maturazione.

    S. Barrow riporta un vecchio proverbio arabo che dice :” la palma da datteri ha i piedi in un rivo d’acqua e la testa nella fornace del cielo”. Devo per altro dire che gli americani hanno recentemente selezionato due varietà ( Medjool e Zahedii) che riescono a fruttificare bene anche a temperature più basse.

    E’ molto resistente al freddo, quasi come la canariensis.. A Roma esemplari ad alto fusto di dactylifera hanno resistito senza riportare danni gravi al terribile inverno del 1985 (minima di -12°C per quasi una settimana).

    Sopporta bene, come ho sopra accennato, anche un certo grado di salinità dell’aria e sembra indifferente alle caratteristiche del terreno (acido o basico).

    Esteticamente la dactylifera somiglia di più alla silvestris che alla canariensis. Il colore delle foglie è abbastanza simile. Le due specie si differenziano perché la silvestris non ha un habitus pollonante, è un po’ più robusta, è sempre a tronco singolo, ha il peduncolo dell’infiorescenza più corto, i frutti sono più piccoli e non commestibili.

    Phoenix loureiroi

    E’ una palma piuttosto contenuta nelle dimensioni. L’altezza del tronco varia da 1 m. a 4 m. mentre il diametro arriva al massimo a 30 cm.

    Può essere sia a tronco singolo che pollonante.

    Il colore predominante delle foglie è verde scuro ed i segmenti danno l’impressione di essere più fitti e più vicini sul rachide rispetto alle altre specie. Sono inoltre disposti ad angolazioni diverse.

    I frutti a maturità sono nero-blu.

    La definizione specifica onora il padre Joao de Loureiro, un religioso naturalista portoghese che ha collezionato piante nel sud-est asiatico. Devo per altro dire che alcuni autori definiscono questa specie “loureiri”, altri “loureiroi”.

    E’ distribuita in tutta la fascia sub-Himalayana, attraverso l’India, fino al sud-est asiatico, alla Cina meridionale e ad alcune isole delle Filippine e occupa un habitat molto ampio che va dal livello del mare fino a 1700 m. di altitudine. P. humilis e P. hanceana sono considerate oggi sinonimi della P. loureiri la quale mostra una forte variabilità specifica.

    Di essa sono riconosciute due varietà, P. loureiri var. humilis e P. loureiri var. peduncolata sulla base di caratteristiche talmente di dettaglio (presenza o meno di cellule sclerotiche e tanniniche lungo i margini dei segmenti fogliari) che è certamente meglio lasciarle all’affascinante ma talvolta strano mondo dei tassonomi.

    La resistenza al freddo è piuttosto bassa, inferiore a quella delle P. canariensis e P. dactylifera. Direi che le zone costiere del basso Lazio possono costituire il limite di coltivazione di questa specie, con le solite eccezioni dei microclimi del nord intorno ai laghi e della riviera ligure.

    Phoenix paludosa

    E’ una strana Phoenix pollonante con tronchi sottili alti fino a 5 m.

    Ho detto strana ma in realtà volevo dire brutta. A mio parere è la più brutta tra tutte le specie del genere.

    Ogni tronco supporta un ciuffetto di poche foglie molto arcuate con segmenti piuttosto morbidi verdi di sopra e con una patina biancastra di sotto.

    La patina bianca compare già nelle primissime foglie cosicché questa specie si può subito riconoscere anche dalla prime foglioline emesse. Questo mio giudizio, forse un po’ drastico, deriva dall’osservazione diretta di alcuni esemplari adulti effettuata nel marzo 2000 in Tailandia.

    E’ a mio avviso una palma molto particolare, per collezionisti.

    Occupa le aree costiere del golfo del Bengala, delle isole Andatane e Nicobare, del sud-est asiatico, della Malesia, di Sumatra. Ha un habitat estremamente particolare e distintivo all’interno del genere. Cresce ai margini delle macchie di mangrovie con le radici costantemente bagnate in zone talvolta inondate da acqua salmastra tant’è che il nome inglese è “mangrove date palm”.

    Non è resistente al freddo e richiede clima caldo e umido per tutto l’anno cosicché risulta problematica la coltivazione in aree a clima mediterraneo. Ho una piccola “paludosa” in collezione con tre piccole foglie non ancora caratterizzate che tengo ovviamente in serra durante l’inverno.Posso confermare che cresce solo se il terriccio è abbondantemente inzuppato.

    Phoenix pusilla

    E’ una specie in generale a tronco singolo ma non sono rari esemplari pollonanti.

    Il tronco difficilmente supera i 5 m. di altezza ed i 30 cm. di diametro ed è di solito ricoperto da numerose basi delle foglie , direi quasi fitte e strette tra loro, di colore grigio, il che costituisce un elemento distintivo della specie.

    Le foglie sono di un verde brillante con i segmenti piuttosto rigidi ed appuntiti. Questi ultimi, essendo inseriti sul rachide ad angolazi